
Viaggio nel microcosmo: protozoi
Tutto quanto ci circonda si può osservare in due modi differenti: ad occhio nudo o con l'ausilio di lenti o sistemi di lenti. Prescindendo dalle dimensioni, gli oggetti che si cerca di osservare ad occhio nudo inevitabilmente non possono che essere loro stessi oppure rimanere completamente celati e questo conduce sovente le persone a considerare come inesistente tutto ciò che si sottrae al proprio sguardo. Attraverso una lente od ancor meglio quel sistema di lenti che risponde al nome di microscopio composto tutto cambia. Ciò che prima appariva comune va ad assumere strane fattezze rivelando dettagli insospettabili e ciò che, invece, era precluso si palesa in tutta la sua bellezza e varietà. Ecco allora che da quella che è solo una piccola ed insignificante goccia d'acqua prelevata da una pozza, un sottovaso, uno stagno od altro, ne può scaturire un'intera quanto variegata folla di creature inusuali od addirittura bizzarre che non mancano mai di stupire chi le osserva per la prima volta. Grazie all'impiego di un microscopio è possibile richiamare da quelle tenebre che lo hanno avvolto per molti secoli quel mondo invisibile che popola ogni dove e che è alla base della vita così come la conosciamo. In questo articolo, proviamo allora a lanciare uno sguardo su quella che è una sua importante componente: i protozoi.
Parameci da coltura con foglie di cavolo romanesco, contrasto di fase.
Le ragioni del buio
Per quale ragione tutto intorno a noi vi è un mondo che sfugge completamente ai sensi e che per questo si è portati ad ignorare non attribuendogli la giusta importanza? La risposta è relativamente semplice e vede quale principale imputato l’occhio umano. Questo, infatti, per sua natura è in grado di percepire come distinti, cioè di risolvere, due punti quando distano fra di loro all’incirca 0,1 mm (100 μm). E’ qui utile rammentare che 1 μm (micron o micromètro: μm o μ) è pari ad un millesimo di millimetro (0,001 mm). Malgrado questa limitazione va comunque sottolineato come, qualora vi siano appropriate condizioni d’illuminazione, sia possibile vedere un oggetto anche quando caratterizzato da dimensioni molto più piccole della capacità propria di risoluzione: all’incirca sino a 25 μm. Ma vedere non significa risolvere. Dunque non è possibile sapere, ad esempio, da cosa un oggetto sia costituito se le sue dimensioni non consentono di risolverne i dettagli. Anche nel caso dell’impiego di un microscopio, ad esempio una fila di batteri come gli streptobacilli potrebbe apparire come una linea continua qualora lo strumento utilizzato per osservarli non avesse un sufficiente potere di risoluzione, traendo decisamente in inganno sulla loro vera natura. Gli strumenti ottici destinati all’osservazione, come un microscopio, servono dunque non solo a consentire di vedere ciò che altrimenti non sarebbe possibile; ma anche a permettere di rivelare quei dettagli attraverso cui identificare quanto si sta osservando.
Va anche detto che oggetti più grandi, ad esempio dell’ordine di 1 mm di diametro non possono essere osservati nei dettagli. Ecco allora come mai posando lo sguardo ad esempio su una pozza d’acqua ciò che si vede poco lascia presagire delle meraviglie che vi si possono celare all’interno.
Invertebrati
Quel modo di ragionare proprio di molte persone di cui si è detto preclude la conoscenza di un microcosmo variegato e sorprendente costituito da organismi di dimensioni infinitesimali. Eppure in questo universo sfuggente e misterioso si svolgono tutti quegli stessi ritmi fatti di nascita, riproduzione e morte che riguardano il macrocosmo che siamo soliti percepire e su cui si poggia. In esso grande importanza rivestono quegli organismi viventi che nel loro complesso vengono identificati come invertebrati. Se si nutre un qualche dubbio sulla loro effettiva importanza basti pensare che del milione e più di specie “animali” sino ad oggi catalogate solo uno scarno 5% è costituito da vertebrati come lo possono essere i pesci, gli uccelli o gli stessi esseri umani, ovvero animali muniti di una colonna vertebrale ossea o cartilaginea che sia. La restante parte, cioè circa il 95%, è costituito da “animali” privi di tale colonna e che per questo sebbene in maniera opinabile vengono genericamente inquadrati come invertebrati. In ogni caso questo modo di ragionare non fornisce un’immagine precisa della grande diversità che caratterizza gli invertebrati; organismi quasi sempre molto distanti gli uni dagli altri sotto molteplici aspetti. La suddivisione in vertebrati ed invertebrati è dunque del tutto artificiosa, di comodo ed in ultima analisi rispecchia un’antica viziatura in favore di ciò che maggiormente s’avvicina all’essere umano. Se ci si pensa con attenzione non può non balzare subito all’occhio come una sola caratteristica sia stata utilizzata come base per questa suddivisione. Ragionando in tal modo non sarebbe certo un azzardo voler suddividere tutti gli “animali” ad esempio in artropodi e non artropodi. Ciò potrebbe essere avvalorato almeno da un punto di vista prettamente numerico dato che circa l’85% delle specie è costituito proprio da artropodi.
Il grande ambito di variazione nelle dimensioni, nei piani strutturali e negli adattamenti ai diversi modi di vita non può che rivelare l’artificiosità insita nel concetto d’invertebrato. Malgrado ciò questa divisione è senz’altro sostenibile da un punto di vista pratico ed è suscettibile di un ulteriore affinamento.
Prendendo come base la misura di 1 mm è possibile, infatti, distinguere grossolanamente tra macro e microinvertebrati. Sono definiti macroinvertebrati quelli che superano il millimetro di lunghezza e microinvertebrati tutti quelli che ne stanno al di sotto.
A fronte di un buon numero di macroinvertebrati che possono essere quantomeno percepiti, vi è una moltitudine di microinvertebrati di cui spesso si ignora completamente l’esistenza. Buona parte dei microinvertebrati, tuttavia, non appartiene al regno animale, bensì ad un regno a parte: quello dei protisti (Protista). Tra i protisti, di particolare interesse per l’appassionato microscopista, rientrano certamente i protozoi.
Protozoi
Il primo ad osservare i protozoi all’incirca tre secoli fa fu Antoni van Leeuwenhoek. Dal momento della loro scoperta egli scrisse molteplici ed entusiastiche lettere per descrivere le fantastiche creature che andava scoprendo in una goccia d’acqua. Da allora in poi centinaia di zoologi od appassionati si sono dedicati al loro studio od alla semplice osservazione. Malgrado non sia possibile osservarli ad occhio nudo, fatta eccezione per le specie di maggiori dimensioni in particolari condizione di luce (in questo caso appaiono non molto dissimili a dei granelli di polvere), i protozoi sono certamente tra gli invertebrati più interessanti da osservare al microscopio. Il termine protozoi (da proto: primi e zoon: animale) venne coniato nel 1818 da Georg August Goldfus, zoologo e paleontologo tedesco. Malgrado il significato etimologico della parola ne faccia “primi animali” in realtà va sottolineato che non si tratta affatto di animali, infatti, sono qualcosa di molto diverso e, come già anticipato, ascrivibili ad un regno a parte, quello dei protisti. Il regno dei protisti va considerato come un regno di comodo a carattere polifiletico dove è possibile raggruppare tutti quegli organismi che non si ritenga possibile attribuire ad altri regni.
Anche se, come detto, si tratta di organismi unicellulari non si deve però incorrere nell’errore di associare unicellularità a semplicità. Specialmente nei ciliati, infatti, la cellula raggiunge un grado di complessità non indifferente. Quella di un protozoo come Paramecium caudatum (spesso preso ad esempio soprattutto su vecchi testi quale sinonimo di semplicità in un vivente) è molto più complessa di qualsivoglia cellula umana.
Raccolte d'acqua stagnante, come quella visibile nell'immagine, sono ideali per andare alla ricerca di protozoi.
Per molto tempo i protozoi sono stati ascritti ad un unico phylum. Studi di carattere filogenetico hanno però dimostrato che essi non costituiscono un gruppo monofiletico. Tradizionalmente il phylum Protozoa veniva suddiviso in quattro classi: flagellati, amebe, sporozoi e ciliati. Oggi, tuttavia i phylum sono almeno sette (molto dipende dalla proposta classificativa a cui si vuol far riferimento) e tra questi vale la pena di citare quelli tra i più importanti per il microscopista appassionato come i Sarcomastigophora (flagellati e amebe) e i Ciliophora (ciliati).
I protozoi possono condurre un’esistenza solitaria da singoli individui oppure riunirsi in gruppi d’individui a costituire colonie di varia forma e grandezza.
In linea generale, sotto l’aspetto nutrizionale, si distinguono in autotrofi ed eterotrofi. Quelli eterotrofi possono ulteriormente suddividersi in fagotrofi ed osmotrofi. I fagotrofi si alimentano ingerendo cibo particolato mentre gli osmotrofi materiale organico in soluzione. Molte specie sono ecto- od endosimbionti. L’interazione simbiotica capace di riguardare indistintamente piante, animali od altri protozoi, può essere di natura mutualistica, commensalistica o parassitaria.
Le dimensioni variano da un minimo di 3-4 μm sino ad un massimo di 3 mm (come nel “gigante” Spirostomum). Molto spesso nei protozoi il citoplasma è circondato unicamente da una membrana plasmatica che si comporta come una barriera selettiva tra la cellula e l’ambiente esterno regolando l’entrata e l’uscita di molecole e ioni. Molte amebe sono caratterizzate proprio dalla sola presenza di questa membrana sebbene in altre (tecamebe) si deve registrare la presenza di un guscio composto da materiale estraneo all’organismo.
La presenza di strutture di rinforzo ed ispessimento come quelle che caratterizzano le tecamebe, permettono ai protozoi d’organizzarsi in varie simmetrie: sferica, radiale o bilaterale. Dove sono assenti, come nel caso di molte amebe, l’organismo è privo di una forma ben definita.
In molti protozoi, in particolare in quelli che vivono in acqua dolce, cioè in un ambiente iposmotico rispetto alla cellula, il bilancio idrico (osmoregolazione) è regolato dalla presenza di caratteristici organuli detti vacuoli contrattili. Questi, presenti anche in gran numero, si comportano come delle sorte di pompe in grado di rimuovere l’eccesso d’acqua che di continuo penetra all’interno della cellula attraversando la membrana cellulare.
Il nucleo dei protozoi, come negli altri eucarioti, è circondato da una membrana nucleare ricca di pori che consente il transito di molecole sia verso l’interno che l’esterno. Il materiale genetico all’interno del nucleo è organizzato in cromosomi. A seconda dei casi, è possibile trovarne soltanto uno come anche molti di più. Molteplici sono, infatti, le specie plurinucleate o che divengono tali in un qualche stadio del loro ciclo vitale.
La locomozione è garantita dalla presenza di flagelli e cilia od è determinata da estrusioni ectoplasmatiche definite pseudopodi.
Nella pratica microscopica, spesso flagellati e ciliati si possono facilmente distinguere anche qualora le appendici locomotorie non siano visibili, ad esempio nel momento in cui si osserva un campione a basso ingrandimento. A tradire la presenza di flagelli o cilia è il movimento. Più lento, a tratti incerto e traballante nei flagellati, più rapido (a volte persino fulmineo) e lineare nei ciliati. I flagelli impartiscono alla cellula il movimento di un’elica disassata, mentre le cilia lo stesso movimento lineare che i remi, se mossi in perfetta sincronia, garantiscono ad una barca.
Gli pseudopodi costituiscono, invece, i mezzi di locomozione delle amebe. Quelli più facilmente osservabili sono i lobopodi, cioè espansioni tozze e corte del corpo cellulare.
Paramecium bursaria
Come tutti gli organismi, anche i protozoi respirano. La respirazione avviene per diffusione dell’ossigeno (O2) attraverso la membrana cellulare. Molti protozoi, in particolare quelli che vivono in ambienti ricchi di sostanze organiche in decomposizione, risultano anaerobi facoltativi.
Nei protozoi la riproduzione si perpetra solo asessualmente. La divisione dell’organismo in due o più cellule figlie con formazione d’individui tra loro geneticamente identici, è detta scissione. Nel tipo più comune, la scissione binaria, si formano due cellule identiche. La scissione può avvenire sia a seguito della formazione di un solco longitudinale che trasversale. Il primo caso, che porta alla formazione di due cellule che paiono l’una l’immagine speculare dell’altra, è tipico dei flagellati, il secondo dei ciliati. Qualora le cellule originatesi non siano identiche, si parla di gemmazione. Questa è caratteristica, ad esempio, dei ciliati sessili. In alcune specie si può avere scissione multipla o schizogonia. Se il medesimo processo conduce alla formazione di spore, si parla di sporogonia.
Il sesso nei protozoi si manifesta con tre distinte modalità: singamia, autogamia e gamontogamia. Delle tre modalità la singamia è la più comune e comporta la fusione tra gameti complementari (uno maschile e l’altro femminile) di cui almeno uno dei due dotato di movimento flagellare od ameboide. Nell’autogamia si ha, invece, la fusione di gameti prodotti da uno stesso individuo. Questo costituisce l’unico processo sessuale a carico degli eliozoi.
Nella gamontogamia, nota anche come coniugazione e diffusa soprattutto nei ciliati, si verifica uno scambio di gameti o nuclei gametici tra cellule appaiate definite gamonti.
I protozoi, per quanto possibile, vanno osservati e studiati vivi, lasciando i preparati permanenti allo scopo di rivelare le strutture intracellulari. Quando si osservano grossi esemplari si tenga presente che la pressione esercitata dal vetrino coprioggetti ne può alterare la forma. In questi casi è bene aggiungere al preparato anche qualche piccolo detrito che possa fungere da sostegno per il vetrino coprioggetti. Tuttavia lo schiacciamento può servire per rivelare certe strutture intracellulari o loro particolari come ad esempio i canali che conducono l’acqua verso il vacuolo pulsante.
Dove cercarli
I protozoi si possono rinvenire tutto intorno a noi e persino dentro di noi, ovunque vi sia presenza di vita. Eppure spesso si sente molti appassionati, in particolare se alle prime armi, lamentarsi di non riuscire a trovarne o di trovarne ben pochi e magari sempre gli stessi.
Uno dei principali errori che commette chi si accinge ad esplorare questo variegato e per certi versi misterioso mondo è quello di andare a cercare dove non c’è nulla o quasi nulla. L’acqua del rubinetto di casa, quella in bottiglia, una pozza appena formata magari dopo una giornata di pioggia, l’acqua di un sottovaso appena riempitosi dopo l’innaffiatura, quella corrente di un ruscello, di un torrente o di un fiume sono tutti luoghi non adatti alla ricerca. In linea generale occorre cercare in tutti quei siti dove l’acqua ristagna come ad esempio in uno stagno. Se si ha la fortuna di averne uno vicino, si ha certamente a che fare con uno dei luoghi migliori in cui poter cercare. Se la pozza di cui si è detto sopra permane ad esempio per qualche giorno e magari vi si depositano all’interno anche delle foglie od altro materiale facilmente decomponibile, ecco allora che si trasforma in un luogo perfetto dove poter trovare i protozoi. Nei ruscelli, nei torrenti e nei fiumi occorre cercare lungo le rive, nelle anse dove l’acqua rallenta il suo scorrere sino quasi a fermarsi. Stessa cosa vale per i laghi. Cercate comunque sempre dove c’è chiaramente materiale in decomposizione. Se vicino a casa avete una fontana pubblica con tanto di vasca ornamentale, non fate un prelievo in piena acqua, ma cercate lungo i bordi della vasca dove magari vedete le pareti ricoperte da un qualche tipo di patina od anche da una specie di peluria verde.
Altro aspetto importante da non sottovalutare è l’ora della giornata in cui si fa il prelievo. A seconda dell’orario in uno stesso punto si possono trovare cose diverse, tenetelo bene a mente, come tenete bene a mente che la vita in questi luoghi è in continuo divenire, influenzata da tantissimi fattori, tra cui non certo per ultimo la stagionalità.